Siamo a Modica.
Oltre ai palazzi, alle chiese e agli scorci panoramici, di questa città ci ha colpito molto una storia.
Era il 1902 ed era appena finita l’estate. Dopo la stagione torrida arrivarono le piogge, con veemenza, un po’ come succede oggi, quando i periodi di siccità sono seguiti da temporali e bombe d’acqua.
Nel corso di un giorno e della notte successiva cadde metà della pioggia che normalmente cadeva in un anno.
Immaginatevi i campi che si gonfiano d’acqua. Gli alvei dei torrenti che cominciano a ribollire. I boati nel buio uditi dalle strade di Modica, incavate nelle valli che qui chiamano cave.
Nella notte del 26 settembre 1902 il torrente Pozzo dei Pruni (o Santa Maria) si trasformò in un’onda di piena di più di dieci metri, un fronte d’acqua alto come un palazzo che spazzò le case, inondò la chiesa collegiata di Santa Maria di Betlem e fece più di cento vittime in meno di mezz’ora. Alcuni corpi furono trovati a Scicli, a 15 km di distanza.
La notizia dell’alluvione viaggiò lontano. Aiuti umanitari vennero inviati da tutt’Italia e anche da fuori per ricostruire Modica e gettare le basi della nuova città.
L’Italia è un paese che soffre particolarmente di dissesto idrogeologico. Quasi ogni decennio accade un evento di grande portata che fa più danni e vittime del necessario.
Ci uniamo nelle catastrofi più che in nessun’altro frangente. Perché non unirci nella prevenzione?
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