Nei primi anni novanta, eseguii il mio primo esperimento.
Io e mio nonno stavamo costruendo un vulcano nel giardino di casa a Trento. Mio nonno era un uomo in pensione che amava giocare a tennis, scacchi, e starsene coi bambini. Me lo ricordo alto e reticente, con occhiali marroni che portava sempre con sé.
Quel giorno mi dimostrò come sistemare della terra intorno a un palo di ombrellone, per poi scavare una cameretta da un lato del monticello, dove avremmo messo della legna a bruciare quando il palo sarebbe stato rimosso dall’alto. Una volta finito, il monticello sarebbe diventato un cratere fumante.
![Il vulcano di Stromboli](https://static.wixstatic.com/media/ea31d1_f0e41d3f80db485a913179709fd86db0~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_689,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/ea31d1_f0e41d3f80db485a913179709fd86db0~mv2.jpg)
L’esperimento doveva essere una fedele riproduzione dell’immagine che avevo visto quel mattino in una delle sue enciclopedie. Una figura a pagina intera del globo tagliato a metà mostrava l’interno di un vulcano e la struttura della crosta terrestre. Quando ero piccolo, avevo l’impressione che la conoscenza del mondo era lì nella sua libreria, racchiusa in libri pesanti e immacolati.
A volte, nei pomeriggi, mentre mio nonno giocava a scacchi, mia nonna mi lasciava usare il suo binocolo per osservare il paesaggio fuori dalla finestra e attraverso la valle verso le montagne che racchiudono la città. La custodia consunta del binocolo gli conferiva un piacevole odore coriaceo che rievocava varie generazioni di osservatori di paesaggi. Sbirciavamo i merli appollaiati sugli alberi del giardino, scrutavamo i versanti delle montagne al di là della valle, con quel binocolo.
Le montagne di Trento sono fatte di rocce calcaree depositate in un alto strutturale durante l’era Mesozoica. Ovviamente, questo non lo sapevo allora. Erano solo montagne, come tutte le altre. E neppure sapevo che dieci anni della mia vita sarebbero stati dedicati alla geologia. Quindici anni dovevano passare prima di capire come la valle fosse stata scolpita in milioni di anni. Ho imparato che la città si posa su una profonda incisione creata dai ghiacciai del quaternario. Ci è voluta parecchia immaginazione per arrivare a un’ idea del genere, pensai allora.
Durante una lezione alla triennale dell’università di Bologna, conclusi che un buon scienziato necessita di una buona immaginazione. E’ una di quelle cose che contraddistingue uno scienziato. Questo è particolarmente vero per un geologo, che deve immaginarsi una realtà completamente diversa unendo insieme piccoli dettagli sparsi sul pianeta Terra. E’ un’abilità simile al teletrasportarsi nel tempo e nello spazio. John McPhee chiamava questa specie di visione “liberarsi dai limiti del concetto umano del tempo”.
Non ho mai pensato di diventare uno scienziato. Mi immaginavo più come un pensatore, o ancora meglio, un osservatore. Un osservatore di paesaggi.
Ho cominciato a vedere i geologi come osservatori di paesaggi che si sono liberati del concetto umano del tempo. Ho cominciato a scrutare le pareti rocciose e vederci dentro la storia di un mondo antico. Ho capito, grazie a loro, che siamo solo una specie di passaggio su questo pianeta.
Ogni paesaggio, quindi, cela una storia. Ogni sentiero di questo viaggio può portare a scoprirne un capitolo.
È l'esperimento più grande che abbia fatto fin'ora. Se andrà a buon fine, si spera, capirò qualcosa in più della nostra terra e del nostro viaggio su di essa.
Probabilmente, più di quello che ho capito grazie all'esperimento con mio nonno.
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